I dispersi nel mare di mezzo

Sono corpi straziati, senza nome, senza voce, su un barcone che attraversa il mare della speranza, il Mediterraneo. È il mare di mezzo, quello che divide la Tunisia dal Paese civile chiamato Italia, la grande fossa comune in cui 14.995 giovani dal 1988 ad oggi hanno perso la vita.“Il mare di mezzo. al tempo dei respingimenti” è anche il titolo del nuovo libro di Gabriele Del Grande, edito da Infinito, presentato martedì nella sala Cosseddu di via Trentino insieme all’associazione Don Chisciotte e ad Amnesty International gruppo 128 Cagliari. Scrittore e viaggiatore, fondatore del blog Fortress Europe, l’osservatorio sulle vittime dell’emigrazione, Gabriele Del Grande, da oltre quattro anni racconta storie di padri e di figli, di donne e bambini che tentano di espugnare la fortezza Europa. E lo fa chiamandoli per nome. Sono storie di persone che, se fortunate, riescono ad arrivare in Italia ma che poi vengono rinchiuse in uno dei tredici centri di identificazione ed espulsione presenti nel nostro Paese e dopo sei mesi spedite nelle carceri libiche, le più violente. E lì la fortuna non esiste. Anzi muore, come i sogni di quei giovani torturati e costretti a stare in piccole celle con decine di persone insieme tra l’odore acre dei tanti corpi ammassati e piegati da anni di prigionia. Del Grande ricorda bene quell’odore. Lui in Libia c’è stato. Da qui l’idea di raccontare, perché «senza la narrazione non può formarsi un’opinione» e soprattutto «la voglia di venir fuori da quel processo di disumanizzazione in cui l’Italia sta gradualmente inserendosi fingendo di non vedere».

Bettina Camedda

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