Il 21 e il 22 giugno si votano i Referendum

Le attuali leggi elettorali, una per l’elezione dei deputati (Camera) e l’altra dei senatori (Senato), prevedono un sistema proporzionale (si fa il conteggio dei voti di ciascun partito o raggruppamento di partiti e liste) con premio di maggioranza (si danno più eletti a chi vince le elezioni).
Il premio di maggioranza è attribuito su base nazionale per l’elezione dei deputati alla Camera e su base regionale per l’elezione dei Senatori, il premio va alla “singola lista” o alla “coalizione di liste” che ottiene il maggior numero di voti. Il referendum vuole eliminare la possibilità alle liste di coalizzarsi per vincere e ottenere il premio. Questo meccanismo ha fatto sì che, alle elezioni del 2006 , si siano formate due grandi coalizioni con al proprio interno numerosi partiti, ognuno desideroso di apparire e di mostrare le sue idee e realizzazioni. Conseguenza: gli Italiani hanno assistito alla morte lenta della maggioranza e al supplizio quotidiano di una “alleanza” litigiosa e nemica di se stessa.
In questa situazione il referendum propone tre quesiti per il SI o per il NO dei cittadini:
Il primo quesito (scheda colore verde): elezione della Camera dei deputati. Conteggio dei voti a livello nazionale. Basta coalizioni tra liste. Il premio di maggioranza va non alla coalizione ma al singolo partito o lista più votato alla Camera dei deputati. La soglia di sbarramento è al 4% (una lista che non prende il 4% dei voti non elegge nessuno).
Il secondo quesito (scheda colore bianco): elezione del Senato della Repubblica: basta coalizioni tra liste. Il conteggio dei voti si effettua a livello regionale e il premio di maggioranza va non alla coalizione ma alla singola lista più votata al Senato. La soglia di sbarramento è all’8% (la lista che non raggiunge questa percentuale non elegge nessuno).
Perciò i primi due quesiti cancellano, nel caso di vittoria al referendum, il meccanismo che prevede l’attribuzione del premio di maggioranza alla coalizione che ottiene più voti per assegnarlo alla singola lista più votata. Obiettivo: impedire che si creino coalizioni a solo scopo elettorale che poi tornano a dividersi in gruppi autonomi.
Il terzo quesito (scheda colore rosso): il referendum propone l’abrogazione delle candidature multiple e della scelta da parte del capo partito eletto in più di una circoscrizione di chi andrà al Parlamento. Oggi un candidato ‘acchiappa voti’ (Berlusconi, Bossi, Di Pietro….) ha la possibilità di candidarsi in più circoscrizioni, anche in tutte. Viene eletto in più luoghi e, optando per uno dei seggi vinti, permette che il primo dei non eletti della propria lista subentri nel seggio al quale rinuncia: ha perciò il potere di decidere chi siederà o no in Parlamento, disponendo così del destino di altri candidati. Il fenomeno coinvolge circa 1/3 dei parlamentari: parlamentari per grazia ricevuta. Questa cooptazione induce ad atteggiamenti di sudditanza, squalificando la natura e la dignità della funzione parlamentare. Se l’esito del referendum sarà positivo, ogni candidato potrà candidarsi solo in una circoscrizione.
In conclusione votare Sì ai quesiti referendari non significa peggiorare una legge sbagliata, al contrario un esito positivo della consultazione obbligherebbe ad una discussione parlamentare per una nuova legge elettorale che coniughi l’esigenza della stabilità della maggioranza di governo e il diritto dei cittadini di scegliere i propri parlamentari.
IL 20 e il 21 giugno andiamo ai seggi e votiamo tre SI convinti, per cambiare una legge sbagliata.

Efisio Demuru

Immagini collegate: