Il referendum del 21 Giugno

Nel prossimo mese di Giugno, gli italiani saranno chiamati alle urne per tre appuntamenti elettorali. Si inizia il 6 e 7, giornata in cui si andrà a votare per il rinnovo del Parlamento europeo e per il rinnovo di un gran numero di amministrazioni locali, con l’eventuale ballottaggio il successivo 21 Giugno. Abbinate a queste elezioni, gli italiani dovranno esprimersi su tre quesiti referendari inerenti all’attuale legge elettorale per il rinnovo del Parlamento. Scartata la possibilità di accorparli alle europee tramite un election day, si dovrà votare la Domenica 21, unendoli agli eventuali ballottaggi. Abbiamo assistito in questi giorni ad un braccio di ferro tra la lega nord e il Presidente del consiglio sulla data in cui sarebbe da svolgersi la tornata referendaria, discussione sfociata nella paventata crisi di governo qualora non fossero state accolte le istanze formulate dalla lega, che riteneva di essere “politicamente” in pericolo, qualora vincessero il sì nei primi due quesiti referendari. Agli occhi dell’uomo comune, queste bizze leghiste ci costerebbero quattrocento milioni di euro, soldi che potrebbero essere destinati più proficuamente ai bisogni delle popolazioni abruzzesi. Il Senatùr, si è arroccato su queste posizioni, poiché, sa che se dovessero vincere i si nei referendum, questo comporterebbe uno cambiamento del sistema di attribuzione del premio di maggioranza, che non andrebbe più riconosciuto alla coalizione che ottiene la maggioranza relativa, ma, alla lista singola, a questo va aggiunto l’innalzamento della soglia di sbarramento; per essere rappresentati in Parlamento, le liste dovranno superare il 4% alla Camera e 8% al Senato. Gli effetti immediati che comporterebbe la vittoria dei si, sarebbe quella di ridurre drasticamente la frammentazione partitica, i partiti minori solo confluendo all’interno di un grande partito, avrebbero la possibilità di entrare in Parlamento. Con questa riforma che non prevede l’eliminazione della lista bloccata, si creerebbero i presupposti per un definitivo passaggio dall’attuale sistema politico bipolare ad un sistema bipartitico per la presenza del premio di maggioranza non più alla coalizione di partito, ma, al partito di maggioranza relativa, il che proiettato nell’attuale scenario politico, ne trarrebbero vantaggio in particolare i due partiti di maggioranza relativa: PD e PdL. Le formazioni politiche minori, contrarie a questa riforma elettorale, sono coscienti di avere poche possibilità per far vincere i no al referendum, unica arma in loro possesso è quella del quorum. In Italia, per una consultazione elettorale vota mediamente il 65/70% degli avventi diritto, basta convincere una percentuale di questi della inutilità della votazione referendaria per non far raggiungere il quorum e rendere nulla la consultazione. Ormai la dialettica non si confronta tra le ragioni del si e quelle del no, ma tra i sostenitori del si e i sostenitori del non raggiungimento del quorum. Tutti ci ricordiamo chi in passato suggeriva di andare al mare anziché recarsi al seggio per esprimere un parere su di un quesito referendario, sarebbe superfluo ricordare il valore che riveste l’istituto del referendum, uno dei pochi strumenti di democrazia diretta che permette all’elettore di decidere direttamente senza farsi rappresentare da terzi, o le lotte compiute dai nostri Padri per ottenere quel insieme di Libertà tra cui il diritto al voto. Non bisogna mai dimenticare che il suffragio universale maschile fu ottenuto solamente nel 1912 durante il Governo Giolitti, mentre, per quello femminile bisognerà attendere il 2 Giugno 1946, in occasione del referendum sulla monarchia e per l’elezione dell’Assemblea Costituente. Questo disinteressamento da parte dell’elettore nei confronti del referendum, trae origine da diversi fattori, non ultimo l’uso eccessivo che se ne fatto in questi ultimi anni dell’istituto referendario e quello di porre quesiti spesso di difficile comprensione, il tutto con la quasi assenza di un adeguato spazio informativo all’interno dei più diffusi mezzi di comunicazione.

Giuseppe Pala – Capoterra

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