Assegni di cura: Il decreto regionale assessoriale 31 del 30 luglio scorso che stabilisce i criteri per destinare, tramite i Comuni, 4 milioni di euro alle famiglie che assistono e curano disabili è nullo, va rifatto e prima è necessario per legge il parere della commissione Consiliare Sanità e politiche sociali.
Le associazioni delle persone con disabilità e i sindacati facciano sentire la loro voce e chiedano di essere auditi esprimendo la loro posizione nel merito.
La norma della finanziaria 2009 che prevedeva assegni di cura monetari in favore dei soli familiari di persone con disabilità è stata sostituita dall’emendamento bipartisan al collegato alla finanziaria dell’agosto 2009 (primi firmatari Marco Espa e Franco Meloni, L.R. 3/2009 art 7 comma 9 leggi qui) approvato con voti unanimi dall’aula due giorni prima dell’emissione del decreto assessoriale.
Le direttive dell’assessorato del 30 luglio (decise nel quadro della lotta alla povertà dall’assessorato alla Sanità su una norma già decaduta e che prevedevano un assegno monetario di 166 euro mensili solo per chi avesse un reddito ISEE inferiore a 5000 euro annuo e altre limitazioni) non vanno quindi per ora prese in considerazione, l’assessore Liori dovrà fare un nuovo decreto da inviare alla Settima commissione sanità e politiche sociali del Consiglio Regionale. Ed è li, se i sindacati e le associazioni di familiari e di persone con disabilità vorranno, potranno istituzionalmente dire la loro per regolamentare la materia secondo le maggiori necessità delle persone con grave disabilità.
Con la norma apprivata, l’obiettivo del Consiglio regionale rimane quello di fornire maggiori servizi alle situazioni più estreme, più gravi e per lo sviluppo di progetti per la vita indipendente.
Inoltre esiste uno scontro tra due visioni sostanziali trasversali al Consiglio Regionale: C’è chi come Marco Espa, genitore e Vicepresidente della Commissione consiliare regionale Sanità, gran parte dell’opposizione ma anche larghe parti della maggioranza non vogliono, in continuità con il sistema in vigore in Sardegna fin dal 2000, che l’assegno di cura, gli interventi si limitino a mere e risibili erogazioni monetarie in favore delle persone con disabilità o delle loro famiglie senza avere servizi corrispettivi.
“I soldi – dichiara Marco Espa – fanno piacere a tutti ma in Sardegna abbiamo adottato un modello diverso, più responsabile e di qualità. Fin dall’anno 2000 il successo degli interventi sulla disabilità grave in Sardegna (oltre 20000 progetti finanziati solo nell’anno 2008 ) è dovuto alla personalizzazione e alla coprogettazione tra ente locale famiglie e persone con disabilità dei servizi ricevuti, personalizzati perchè la stessa persona con disabilità e la sua famiglia ha il potere uscendo dalla logica della mera elargizione assistenzialistica, di scegliere e revocare l’operatore addetto all’assistenza su basi qualitative: l’amore non si paga, i soldi arrivano solo a rimborso di servizi reali regolarmente fatturati. Questa, ricordo, non è una legge contro la povertà ma è una legge per i diritti umani e la qualità della vita delle persone in situazioni più gravi. Non vogliamo che qualcuno incassi i contributi regionali e poi per necessità o volontà, ci si limiti a comprare la tv al plasma nuova o un pezzo dell’auto ,mentre la qualità della vità della persona disabile e della sua famiglia rimane invariata. Tutto e migliorabile ma siamo contrari alla monetarizzazione (scarsa inoltre) del disagio.
Noi opposizione inoltre abbiamo lamentato che i 4 milioni di euro destinati alle situazioni con maggiore carico familiare a causa dello stato di gravità fossero reperiti sempre dal fondo già destinato alle persone con disabilità, cioè si da alle famiglie togliendo ad altre famiglie. Ci volevano risorse aggiuntive. Lo chiederemo nella prossima finanziaria.
La Cisl ha inotre ragione a dire che non possiamo persare che l’intervento sia rivolto solo a persone in povertà conclamata: ricordo come il 13 maggio 2009 il Tar di Cagliari ha emesso una sospensiva di una famiglia con reddito superiore ai limiti ribadando il principio che in base al decreto legislativo 130 del 2000 (solo nei casi di disabilità grave certificata ai sensi dell’art 3 comma 3 della legge 104) va considerato sempre ed esclusivamente il reddito della persona con disabilità e non della sua famiglia. Questo per ribadire che si tratta di un intervento per la persona e i suoi diritti, non contro la povertà: quando si vuole favorire l’industria dell’auto si favorisce la rottamazione delle auto senza chiedere il reddito di chi usufruirà il contributo statale, a maggior ragione se si vuole sostenere la famiglia in situazione di gravità, come avviene per la sanità in generale, l’intervento deve essere disponibile per tutti, come fino ad oggi è successo in Sardegna.
C’è da dire che la vecchia norma oramai non più efficace (per la quale ricordo abbiamo votato contro in legge finanziaria) non era chiara e in particolare non era precisata quale era la platea dei possibili beneficiari. Prima di una seria riforma migliorativa del settore è obbligatorio consultare, direi coprogettare, insieme alle associazioni delle persone con disabilità e le loro organizzazioni e attivare la procedura per la costituzione della Consulta regionale per la disabilità”