L’Europa ha paura del presente

Così, leggo la sconfitta delle maggiori forze del Socialismo e del fronte progressista europeo, la paura della crisi economica, la paura della globalizzazione, dell’immigrato e soprattutto la sfiducia profonda nell‘istituzione Unione Europea; sia la bassa partecipazione al voto che l’elezione in molti degli Stati membri, di parlamentari che hanno dichiaratamente posizioni euroscettiche, confermano questa sfiducia.

L’avanzata elettorale della Destra che mischia con furbizia toni paternalistici e richiami volutamente xenofobi, è da leggere con attenzione e preoccupazione.
I flussi e le analisi del voto, confermano l’ impressione che i cittadini più colpiti dalla crisi e quelli più insicuri sul proprio futuro, danno il proprio consenso al radicalismo di destra e ai crescenti micronazionalismi.

In questa sconfitta delle forze della sinistra riformista e democratica, si legge tutta la difficoltà del PSE ad affrontare la crisi economica ed anche a trasferire l’identità europea nel nuovo scenario mondiale.
In Italia solo il mancato successo del PDL che nei toni di Silvio Berlusconi quasi prevedeva un plebiscito in suo favore, da un poco di speranza alle forze di centrosinistra; ma l’affermazione della Lega Nord, che si attesta al 10,30 %, è il chiaro segnale che i provvedimenti del governo Berlusconi, sul federalismo e sull’immigrazione, hanno rafforzato le posizioni leghiste anche a scapito del maggior partito italiano.

Il Partito Democratico arriva al 26,14 %, perde ma non crolla; il congresso di ottobre può essere ora vissuto come un appuntamento in grado di rilanciare e migliorare il progetto politico messo in campo appena due anni fa, ma occorre fare ora una seria riflessione sui contenuti programmatici e su un nuovo schema di alleanze politiche e sociali.

E’ vero che la somma di PD, Italia dei Valori, Lista Comunista,Sinistra e Libertà e Radicali è pari al 43 % , ma è impensabile allestire una coalizione che replichi la penosa esperienza del 2006, senza considerare il buon risultato dell’UDC.

Il PD ha il compito di costruire un nuovo modello di coalizione che non nasca con l’unico fattore unitario dell’antiberlusconismo, ma una coalizione vera che metta insieme valori e proposte politiche in grado di affrontare e risolvere i problemi reali dell’Italia, un’allenza politica robusta che sappia anche parlare con un unico linguaggio a partire dall’opposizione parlamentare al governo berlusconiano.

La Sardegna va in controtendenza, la scarsissima partecipazione al voto pari al 40,93% e l’imprevisto risultato del PD che sfiora il 37%, sono indicatori certamente non trascurabili.

I primi mesi del governo regionale di centrodestra hanno deluso profondamente i sardi:
lo spostamento del G8, la Sassari-Olbia, le recenti decisioni sul Nucleare,le mancate promesse nel risolvere le molte vertenze industriali e una percezione – condivisa anche in vari settori del centrodestra – di un’oggettiva subalternità di Cappellacci di fronte alle scelte del governo Berlusconi.

Ma c’è un ma, per l’ennesima volta la Sardegna non sarà rappresentata a Bruxelles, nonostante l’ottimo e stupefacente risultato di Francesca Barracciu ed anche di Maddalena Calia, i sardi, a causa di una circoscrizione elettorale che ci vede uniti alla Sicilia, subiscono una grave limitazione del diritto alla rappresentanza, in campagna elettorale il governo Berlusconi aveva promesso di istituire la circoscrizione sarda, indubbiamente erano solo ed esclusivamente promesse.

Ora il PD sardo ha un’opportunità che deve sapere cogliere, ma sono necessarie alcune condizioni: uno sforzo unitario nel partito e un gruppo consigliare regionale molto più aggressivo nei confronti delle decisioni politiche di Cappellacci; le prossime tappe congressuali del PD, se ben preparate, possono anche essere il momento in cui riorganizzare la coalizione di Centrosinistra per le amministrative e le provinciali che si svolgeranno nella primavere del 2010.

Efisio Demuru

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