L’Unità. Capoterra affogata dopo due anni restano il fango, i morti e le promesse

di Ennio Neri – L’Unità 21/10/2010. Da queste parti l’unica quiete dopo la tempesta è quella burocratica. Capoterra, piccolo centro di 20 mila
abitanti a 15 km da Cagliari, il 22 ottobre di due anni fa è stato sconvolto dalla pioggia più violenta mai
registrata in Sardegna. Un’alluvione ha causato quattro morti e danni per 80 milioni.
Ma la burocrazia non conosce pietà e da allora poco o nulla è stato fatto per la difesa del territorio.
E ora nel mirino dell’amministrazione locale e delle associazioni c’è la giunta regionale sarda di centrodestra.
Perché i soldi (37 milioni di euro) non mancano e c’è anche nero su bianco lo studio sulle misure antialluvione.
E ci sarebbero pure le scorciatoie per gare e procedure, grazie ai poteri di “commissario delegato per l’emergenza
alluvione del 2008 in Sardegna” conferiti al governatore Cappellacci dalla presidenza del Consiglio.
Ma nonostante i poteri, la luce verde agli interventi arriva solo il 4 ottobre 2010 e l’ok ai primi lavori
solo dieci giorni dopo. Ritardi pesanti che con l’arrivo delle prime piogge autunnali hanno scatenato
la furia degli abitanti.
Così domani, anniversario della tragedia, si svolgerà un sit-in davanti alla sede della giunta regionale
per chiedere azioni concrete mentre il consiglio comunale di Capoterra si è autoconvocato sotto le finestre
dell’ufficio di Cappellacci. Il paese, indifeso, è terrorizzato. Del resto è nell’edificazione selvaggia che
ha stravolto in pochi decenni il piccolo centro che affonda le radici l’alba tragica del 22 ottobre 2008.
Quando, dalle 6 alle 9 del mattino, oltre 460mm di pioggia hanno scatenato una valanga d’acqua, fango
e detriti. Una valanga partita dalla frazione collinare di Poggio dei Pini, che si è ripresa l’alveo e gli argini
del Rio San Girolamo, per sfociare in mare dopo aver travolto le frazioni costiere di Rio San Girolamo e
Frutti d’oro II, devastando ponti, strade, campi e case costruite a norma di legge accanto al fiume. È il
disastro: quattro le vittime, danni milionari. Nel febbraio 2009 si insedia insedia Cappellacci che il 19 ottobre
affida all’associazione temporanea di imprese “Intecno, Hydrodata e Art”, l’incarico per lo studio la
messa in sicurezza del territorio.
Due mesi dopo il commissario si ritrova in mano il controllo dei fondi destinati agli interventi sul territorio
e nel marzo 2010 il piano Hydrodata è pronto: servono 70 milioni di euro per risagomare tutti
i canali, allargare a 50 metri gli argini del Rio San Girolamo, ricostruire i ponti e rivedere la viabilità.
In cassa37 milioni,ma non verranno mai sbloccati. Secondo alcuni la paralisi sarebbe da imputare
all’incertezza legata all’utilizzo dei finanziamenti: uno scontro tra politici e dirigenti sui poteri straordinari
straordinari che avrebbero garantito rischiosi affidamenti senza gara e pericolose scorciatoie per le autorizzazioni.
Il primo passo il 14 ottobre: la Regione avvia le procedure per la sistemazione idraulica del rio San Girolamo e la ricostruzione delle opere pubbliche danneggiate a Poggio dei Pini.
«Lo studio è pronto da aprile – sottolinea Efisio Demuru del PD, assessore ai Lavori pubblici di Capoterra – ma si è aspettato ottobre per i primi passi. La Regione dovrà individuare i tecnici per la progettazione e le imprese, sperando che sia percorsa
la via più breve». Sperando, appunto.
Ma a Capoterra c’è poco spazio per l’esultanza. «Siamo preoccupati – accusa il sindaco Giorgio Marongiu, Pd, – da parte nostra abbiamo prorogato per un altro anno lo stop alle concessioni edilizie nelle aree alluvionate e ora vogliamo che la Regione parta coi lavori».
Per il consigliere regionale Pd Marco Espa «occorre tornare allo spirito del 2008 quando la giunta Soru pagò i primi rimborsi in 10 giorni».
Inferociti i cittadini. «Chiediamo la messa in sicurezza del territorio – dichiara Carlo Carcangiu, presidente dell’associazione
“Capoterra Solidarietà pari dignità” – domani saremo davanti alla Regione.
Il governatore questa volta deve ascoltarci, sono passati due anni». Due anni. E a Capoterra quando piove la gente prega.

Ennio Neri
da L’Unità del 21.10.2010

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