Prima di partire per questa gara ho pensato bene di cercare un po’ di immagini da utilizzare per un eventuale resoconto. Quindi sono entrato in Immagini Google e ho scritto Maratona di Barcellona. La prima foto presentata dal sistema è stata quella di 4 uomini corpulenti e nudi su una spiaggia, in piedi l’uno a fianco all’altro, con lo sguardo rivolto verso la curva dell’orizzonte marino e ciascuno con la mano destra appoggiata “distrattamente” sulla natica dell’amico: “cominciamo bene!” è stato il mio primo pensiero. Si aggiunga che era programmato di dormire per due notti con due omaccioni, mio fratello Mario e Gavino, antico e peloso amico di Capoterra e si può capire che un certo turbamento cominciava a farsi largo nel mio animo. Nella capitale della Catalogna ho subito guardato con sospetto tutti i ragazzi o uomini che si azzardavano a essere gentili con me. Il culmine si è verificato al trentesimo km della maratona quando in un tratto tranquillo del percorso, mentre a testa bassa tentavo di recuperare terreno su quel disgraziato di Gavino, sento una voce che mi chiama con insistenza:”Benedetto!”, sollevo il capo e vedo un uomo barbuto che con un grande sorriso continua: “Ciao Benedetto!”, rileggendo il nome nel mio pettorale di gara; beh non ce l’ho fatta e l’ho mandato a quel paese con un semplice movimento dell’avambraccio. Insomma qualcosa non mi convinceva, non era certo una maratona per soli uomini e non mi sono ritrovato la sera a ballare El Bimbo con uno sconosciuto o a snaticare al ritmo di YMCA dei Village People…però qualcosa non tornava… Barcellona non era propriamente una mia fortissima ispirazione, avevo già visto la città qualche anno prima e del resto da qualche tempo sto sbirciando e scegliendo gare in ambienti naturali. Ma i miei amigos di Capoterra volevano correre nella città di Lionel Messi e allora li ho accompagnati con piacere, il gruppo è sempre importante. Una organizzazione velocissima ed essenziale: aereo alle 14 di sabato, subito a ritirare il pettorale alle 18.30 in Piazza Catalogna, una cena adeguata in un self service alla Sagrada Familia, una notte di sonno non molto pesante e via alle 6 verso la grande piazza, con la fregatura dell’ora legale e un’ora di riposo in meno. Sensazioni brutte le mie a causa di una influenza distruttiva che mi ha costretto alla quasi assoluta inattività nelle ultime due settimane prima della gara. Un peccato perché grazie a una tabella di allenamento leggera e ai consigli del grande coach Michele Licheri, stavo riuscendo ad acquistare un pochino di velocità, dopo anni di corsa alla chissenefrega. Martedì ripetute sempre diverse, giovedì un bel medio e infine la domenica il lungo. Naturalmente a queste tre esercitazioni di corsa dovevo necessariamente abbinare almeno due lezioni di nuoto e un po’ di bici. Mi sentivo bene e se non fosse stato per l’influenza avrei potuto fare un pochino meglio. E avrei forse potuto agguantare il terribile Gavino, l’amico di antica data con cui ho siglato un patto di assoluta belligeranza, sicuro di potergli rifilare almeno mezzo metro di distacco. Le cose sono iniziate benino perché alle 6 del mattino riuscivo ad espletare regolarmente le formalità intestinali. Poco prima della partenza quel bast…di Gavino si inventa di dover utilizzare urgentemente uno dei wc chimici presenti sulla grande Plaza….lo accompagno ma la fila è grande e mancano solo 5 minuti allo start….stavo per lasciarlo solo vicino al cesso e non sarebbe stata una brutta idea. Alla fine riesce a fare quello che deve fare e assieme a mio fratello riusciamo in extremis a superare i controlli e ad incanalarci in modo disonesto nella gabbia delle tre ore J, lontani anni luce dalla marea di tapascioni bloccati dal servizio d’ordine. Davanti a noi non più di duemila persone, dietro almeno 18000 e tutti sicuramente amici dei Village People. Anche per questo alla partenza siamo scattati in avanti con una corsa laterale…spalle alle transenne….bisognava stare accorti. I primi 15 km molto duri, superati da migliaia di persone….con un mal di pancia via via sempre più forte tanto che al km 15 mi sono dovuto fermare presso un wc chimico e fare una fila di circa 6 minuti prima di poterlo utilizzare. Non potete immaginare lo spettacolo di quel wc chimico…se Anton Gaudi fosse stato ancora in vita e lo avesse visto….avrebbe avuto l’ispirazione per erigere una monumentale Cagada Familia. Ma siccome non sono Gaudi, purtroppo, non ho saputo ispirarmi e me ne sono andato dal quel cesso immondo lasciando l’eredità a una deliziosa biondina nordeuropea che, ignara, aveva sospirato nel vedermi sbucare da quel benedetto, immondo, wc chimico. Non mi soffermerò sulle solite osservazioni del maratoneta, perché Barcellona è bella a prescindere e la gente di Spagna è caliente e ama fare il tifo, ma sono state eccezionali le bande dei tamburi, quelle organizzazioni di giovani con percussioni violente e ritmate che trasmettevano un ritmo bellissimo. Stavo dicendo che dopo la Cagada Familia ho cominciato piano piano a riprendermi e inaspettatamente proprio dal ventottesimo km ho iniziato a recuperare posizioni. MI sentivo di nuovo bene come nei lunghi fatti prima dell’influenza; inoltre il pensiero di riprendere quel Gavino amico mi cominciava a stuzzicare. Addirittura ogni tanto sollevavo lo sguardo per vedere se era davanti a me, questa speranza mi sosteneva ma era uno stimolo fine a se stesso perché quel grandissimo scassamento di cabasisi era ormai troppo lontano. Alla fine sono arrivato in 4.29 e senza la sosta alla Cagada Familia avrei fatto 4.25, senza l’influenza avrei fatto 4.20, se non avessi mangiato tonnellate di pasta nei mesi precedenti avrei fatto 4.15, se non avessi letto il libro di Luigi Mundula avrei fatto 4.10, se non fossi pigro come sono avrei fatto 4.00, se avessi scelto come genitori Emil Zatopek e Paula Radcliffe avrei fatto 2.02….anche se lo stile di corsa sarebbe stato piuttosto singolare. Il mio serio giudizio sulla gara: impegnativa ma non tantissimo, qualche salitina è compensata da discese lunghe, Roma è molto più dura; la sede stradale sempre molto ampia, nessun problema sulle traiettorie e ottimi i rifornimenti, c’era anche la frutta secca e la vasellina con il dispenser (evidentemente sono abituati….). E’ proprio una maratona dentro la città, come Roma e Firenze. Nel mio gruppo tutti vincitori, qualcuno ha fatto 3.35 e qualcuno un eroico 4.45 nonostante lombosciatalgia e caviglie distrutte dal calcetto (mio fratello Mario). Capoterra in evidenza con Marco Marongiu, prima maratona e tempo da favola, di poco superiore alle 3 ore e 30, fortissimo, un vero atleta; maiuscola prestazione di Fabio Marongiu, anche lui alla prima maratona e appena sopra le 4 ore, ancora non riesco a capire quale sia il limite di questo amante della corsa libera. Menzione d’onore per Giampaolo Mocci, classe 1943, arrivato con un tempo leggermente sopra le 4 ore e 30 dopo una gara dura ma mai abbastanza per un vecchio giovanotto che in pochi riusciremo ad eguagliare. Giampaolo ha la classe degli sportivi di una volta e la voglia di divertirsi che manca a molti ragazzi: un vero esempio. Marco, Fabio, Giampaolo, Gavino e Mario sono stati i compagni di molti allenamenti domenicali in montagna, sulle salite di Gutturu Mannu; la pioggia e la neve ci hanno spesso accompagnato ma alla fine ne è valsa la pena. Prima maratona vinta anche da Giancarlo, compagno di squadra del Guilcer, che ha preso le misure a questa gara e che la prossima volta, sono sicuro, piegherà completamente al suo volere. Già, il nostro volere….la maratona se ne infischia di quello che ci piacerebbe fare. Anche se mi diverto a cazzeggiare con le parole devo ammettere di aver sofferto moltissimo e mi sembra che ogni volta la sensazione di sofferenza sia maggiore. Forse è come il parto, soffri ma nel contempo produci quelle endorfine che “coprono” quella sensazione di disperata sofferenza che ti porta vicinissimo alla resa. Beh..non so come sia il parto….quello che mi preoccupa è l’accoppiamento.
Benedetto Deriu