OIL: arte, denuncia o terrorismo? La Raffineria è Mommoti?

Come sapete l’anonimato
in questo blog (poggiodeipini.blogspot.com) non è normalmente consentito. Mai mi sono pentito di questa
scelta, che mi ha permesso di tenere lontano da questo spazio di
discussione, piccolo ma prezioso, moltissima spazzatura costituita da
calunnie, illazioni e tentitivi di alterare la verità. Capisco che ci siano
siti in cui i vari Fragola 86 e Banana33 (cfr. Checco Zalone) si esprimono
liberamente ma con poca utilità pubblica. Questo blog non è nato per sfogare
verbalmente istinti o frustrazioni di vario genere, ma ritengo che in due
anni abbia raggiunto obiettivi importanti e abbia svolto un ruolo, piccolo
ma di grande qualità, anche in occasione del tragico evento del 22 ottobre.
C’è però un caso in ritengo
l’anonimato accettabile: quando a cause di affermazioni fatte (non
calunniose) l’autore possa temere ripercussioni negative di vario genere.
In seguito alla pubblicazione del
mio articolo in cui ho accolto negativamente il documentario OIL ho ricevuto
alcune telefonate e alcuni messaggi anonimi da parte di persone che non
hanno apprezzato il mio intervento. Evidentemente aveva ragione Giuseppe
Monni, nel suo primo commento a quell’articolo. La mia è stata una lettura
che va MOLTO controcorrente rispetto al comune sentire e ho
poi notato che anche la critica al film sui vari siti locali è stata sempre
molto positiva.
Dico subito che le persone che mi
hanno contattato si sono sempre mostrate educate, mai offensive o
minacciose. Ci sono sicuramente dei malintesi, che spero di
avere chiarito, e ampie differenze di punti di vista che permangono tuttora
ma che fanno parte di una naturale dialettica democratica. Un malinteso
riguarda certamente la mia considerazione nei confronti dei sarrochesi.
Quello che volevo dire è stato in parte travisato. A mio avviso le persone
intervistate non rappresentano in modo corretto la società di questo paese.
Ritengo che i contributi siano stati selezionati in modo strumentale al
messaggio che il regista voleva dare. Un messaggio che continuo a sostenere
essere profondamente e pericolosamente distorto.
L’interrogatorio che mi è stato fatto su dove lavoro e che cosa faccio mi
sembra una attività del tutto inutile. In modo velato mi si vuole dire “se
tu non lavori in mezzo ai tubi della Raffineria non puoi parlare. Che ne sai
dei colleghi che ho visto morire?”.
Io lavoro, invece, a Macchiareddu,
che non mi sembra essere proprio Courmayeur in quanto a qualità dell’aria e
abito nel comune di Capoterra, non ad Arzachena e nemmeno nella Milano da
cui è improvvisamente piombato Mazzotta con il suo documentario. La morte
non dovrebbe essere strumentalizzata. Il tumore al colon
purtroppo colpisce ovunque e no credo che possa essere ricondotto ad alcuna
forma di inquinamento. Ho rispetto, e anche apprensione, per chi sistema le
valvole degli impianti della Raffineria. Non mi sognerei mai di negare che
siano le persone esposte al rischio maggiore. Ma quando
vedo che si tenta di affermare che qualsiasi malore o malattia grave possa
essere ricondotta alla Raffineria-Mommoti, mi viene da
reagire perchè non è questo il modo di fare emergere la verità. Questa
realtà, con il suo inquinamento e il suo lavoro, non appartiene solo ad
alcuni, ma a tutto il territorio, a tutti noi che ci viviamo vicino e ci
lavoriamo.
Ho deciso di pubblicare un mio
carteggio telematico con un anonimo amico che mi ha scritto in modo cortese
e che ritengo possa avere comprensibili timori di ritorsioni. Ve lo
ripropongo sperando di offrirvi la possibilità di approfondire la conoscenza
del tema trattato e di confrontarvi con un differente punto vi vista.

cari tutti,
i messaggi che lancia il documentario OIL possono essere rintracciati,
forse, in alcune semplici richieste che, operai SARAS e non, ritengono
necessarie per lavorare in un ambiente in cui la sicurezza dovrebbe essere
sempre mantenuta ai massimi livelli per 365 giorni all’anno (non trattandosi
appunto di una fabbrichetta che produce cioccolata). Questa maggiore e
costante sicurezza la si ottiene (ascoltando i vari personaggi che si
alternano in OIL) preoccupandosi di :
  • verificare la formazione dei dipendenti assunti da ditte esterne i
    quali, come è noto, entrano nella proprietà SARAS ad eseguire lavori di
    manutenzione;
  • rispettare gli orari di lavoro, evitando turni massacranti;
  • verificare se siano correttamente forniti gli adeguati strumenti di
    protezione personale per svolgere mansioni di cui è d’obbligo per legge
    l’utilizzo (626);
  • monitorre il controllo costante e la diffusione (reale) dei dati
    riguardanti l’analisi di emissioni in atmosfera e rispettare i limiti
    consentiti dalla legge;
  • garantire la serietà di alcuni controlli sanitari effettuati ai
    dipendenti di ditte esterne su di un camper (i cui referti, pare, in
    caso di necessità non possono far parte della storia clinica del
    lavoratore in quanto poco attendibili);
  • provvedere alla gestione di una lavanderia interna;

Questi solo alcuni dei messaggi lanciati da chi ha deciso
di parlare davanti ad una telecamera. Messaggi che si spera vengono presto
recepiti e realizzati dalla dirigenza SARAS, soprattutto nell’interesse di
TUTTI, dipendenti SARAS, dipendenti ditte esterne, abitanti di Sarroch e paesi
limitrofi, lavoratori impegnati in attività estranee all’indotto petrolchimico,
ecc.. Le informazioni si riferiscono forse ad una indagine epidemiologica
eseguita dal prof. Annibale Biggeri i cui risultati sono stati presentati agli
abitanti di Sarroch tra novembre 2008 e febbraio 2009 (chi era interessato ha
partecipato, gli assenti non so). I risultati di tale indagine (ricchi di dati e
tabelle) sono reperibili, immagino, presso il Comune di Sarroch su supporto
cartaceo e magari (se il link funzionasse), anche online. Dati e tabelle non
sono stati inseriti in OIL perché forse richiedono un’attenta valutazione; è
comunque presente un breve resoconto dalla voce dello stesso prof. Biggeri, il
quale constata un danno potenzialmente reversibile al DNA nei soggetti
sottoposti ad indagine. Senza parlare di leucemie e tumori vari, potrebbe
risultare interessante chiedersi se è normale riscontrare in bambine di 5 anni
disfunzioni serie alla tiroide. L’espressione grammaticale, poi di chi ha
partecipato ad OIL, mi sembra ottima; solo in un paio di interventi la voce è
stata camuffata in fase di montaggio, perché sì, desiderosi di esprimere la
propria opinione, ma “timorosi” magari di perdere il posto di lavoro. Se poi ci
si riferisce in particolare al pastore che parla sardo stretto, ed è stato
quindi necessario mettere i sottotitoli, beh! questo è un problema di chi magari
vive male con il proprio passato, fatto di tradizioni usi e costumi. Spesso
l’intelligenza e la rispettabilità non è garantita da una camicia ben stirata,
da un diploma o da una laurea.> > Eppoi basta, se uno il documentario dice di
averlo visto, non è che poi un altro glielo deve spiegare. Un documentario poi,
analizzato nel suo insieme tra argomenti trattati, montaggio, scelte musicali
ecc. è anche in minima parte, da considerare come un’opera più o meno d’arte e
che quindi può interessare ad alcuni e ad altri no!!!> Evviva la libertà di
pensiero e di opinione!
Il Tour OIL, organizzato per iniziativa di numerosi cittadini SARDI, è forse
partito per le tante similitudini riscontrate con altre realtà sarde (purtroppo
anche con la realtà delle restanti 19 Regioni d’Italia); quindi diciamo che
Sarroch (sede della raffineria più importante d’Europa) potrebbe essere un punto
di partenza per iniziare a convivere dignitosamente con impianti industriali che
creano e garantiscono lavoro, sono inglobati dall’ambiente, e tante altre belle
cose.. Sul motivo che spinge un regista indipendente di Milano a realizzare un
documentario proprio a Sarroch, tralascio.., ognuno è libero di pensare quello
che vuole, di sceneggiarsi il film mentale che preferisce! saluti da
un filtro esaurito

Egregio signore,

il fatto che lei, a differenza del sottoscritto, scriva non comunicandomi la
sua identità riduce enormemente il valore delle sue affermazioni. Immagino
che ci siano studi epidemiologici misurazioni e monitoraggi, ma di queste
informazioni non vi è traccia nel documentario, che quindi non assolve il
compito di descrivere correttamente la situazione. Aveva invece altri scopi
e questo appare chiaro sin dal primo minuto. Le dico anche che le illazioni
contenute nella pellicola potrebbero, ahimè, essere tutte vere. Io non ho
mai asserito il contrario. E se vere fossero, ci tengo a precisare, il danno
non verrebbe arrecato solo a una categoria di persone (es. operai della
manutenzione impianti), ma a moltissime categorie di lavoratori e di
residenti che perderebbero in alcuni casi la salute, in altri casi il posto
di lavoro e in molti casi entrambe le cose. Se invece le ipotesi portate
avanti dal film fossero false, distorte o esagerate, assisteremmo a un
inutile danno che colpisce l’interno territorio e un numero di persone
enorme. Tutti quanti quindi, esigiamo chiarezza e certamente questo film non
si muove in questa direzione. L’ho pensato e l’ho scritto, senza
nascondermi. Ho fatto male?
Per quanto riguarda il suo riferimento di tipo sociologico la informo che
sono sardo e non sono dotato di laurea. Comprendo il disagio di chi, anche a
causa della disoccupazione, trascorre molto del proprio tempo al bar, ma
ritengo che la società e i punti di vista debbano essere rappresentati in
modo più equilibrato. Sarroch non è assolutamente come è stata rapresentata
da questo film e per primi i sarrochesi dovrebbero lamentarsene (e difatti
lo hanno fatto). Le interviste sono state selezionate in maniera strumentale
rispetto agli obiettivi che il regista voleva raggiungere sin dall’inizio.
Aggiungo concludendo, che io, così come il regista, non ritengo di essere
depositario della verità. Non posso certo dedicare il mio tempo libero a
fare un indagine a tutto campo cercando dati a destra e a manca, ma vorrei
leggerli se qualcuno fosse in grado di espormeli senza fare solo del dannoso
terrorismo. Sono certamente interessato a saperne di piu e non ho problemi
nemmeno a dialogare con lei, possibilmente in modo non anonimo. Puo anche
telefonarmi se vuole al ###### e le do la disponibilità a scrivere un pezzo
nel mio blog. Cordiali aluti
Giorgio Plazzotta

egregio signor Giorgio Plazzotta,
questo tipo di chiarimenti ritengo siano salutari ed utili. L’indagine
epidemiologica del Prof. Annibale Biggeri è stata commissionata dal Comune
di Sarroch, i risultati sono stati presentati in due incontri pubblici.
Tempo fa cercando sul sito del Comune di Sarroch ho notato che non è linkato
correttamente l’accesso per la consultazione dei risultati dell’indagine;
penso sia stata realizzata anche una stampa dei risultati, se è interessato
a questi dati dovrebbe semplicemente rivolgersi al Sindaco di Sarroch. Idem
per monitoraggi emissioni in atmosfera, dovrebbero essere consultabili in
tempo reale, come promesso da ARPA, funziona? si è realizzato il famoso
passaggio di consegne dalla Provincia all’ARPA? Sono attendibili i risultati
di questi monitoraggi? Se lei abita a Sarroch, e dipendente Saras, dovrebbe
interessarsi personalmente ed insistere con chi di dovere per pretendere
tali informazioni.Il motivo per cui il documentario non risulta
particolareggiato in fatto di dati, numeri, percentuali, ecc.. (alla REPORT
per intenderci) mi sembra ovvio, ha idea di quanto costa alla RAI un
servizio di REPORT??? Si informi. E poi scusi, ma anche il format di REPORT
non risolve i problemi, mi sembra, diffonde notizie che chissà perchè non
passano attraverso i mezzi di informazione tradizionale, dovrebbe poi essere
la coscenza civile di ognuno a smuovere qualcosa e a cercare di pretendere
il rispetto nei luoghi di lavoro, dalle amministrazioni ecc… e sappiamo
bene che ciò non avviene. Ripeto, come nel commento precedente, OIL è un
semplice documentario realizzato con pochi euro, può interessare o meno. Gli
argomenti che solleva penso siano piuttosto seri ed impegnativi, e la
soluzione non può certamente arrivare dalla semplice visione di un
documentario, apprezzandolo o criticandolo.Quello che ci differenzia
rispetto alla vita di 60 anni fa è l’informazione. Quando non sai, non puoi
pretendere rispetto, ti bevi tutto quello che ti raccontano e taci.E poi
un’ultima cosa, chiediamoci almeno per un secondo: se questo benedetto
petrolio dovesse un giorno terminare o non essere più economicamente
conveniente la sua estrazione e raffinazione causa la scarsa qualità degli
ultimi pozzi disponibili…. visione certamente futuribile; i figli dei suoi
figli non avendo magari vicino a casa una raffineria dove poter guadagnare
lo stretto necessario per campare, cosa potranno mai fare???In America la
legge in materia di emissioni in atmosfera (acqua e suolo) è feroce, chi
sgarra paga i danni e si adegua se non vuole chiudere; i valori consentiti
sono la decima parte al di sotto dei limiti consentiti in Italia. Raffinerie
ed industrie potenzialmente pericolose sorgono ben lontane da centri
abitati. Riguardo all’anonimato, mi ci crogiolo finchè dura!Al momento non è
vietato dalla legge, almeno nei blog! Sarebbe quindi gradita la visibilità
di questo carteggio virtuale sul suo blog! se non lo ritiene
sostenibile…pazienza!
cordialmente
filtro esaurito

Caro filtro 🙂

non faccio il detective e così nemmeno gli altri spettatori. Chi propone un
tema ha l’onere di fornire gli elementi a supporto delle proprie tesi. Non
si arriva a conclusioni, peraltro pesantissime, per poi dire “le prove
di quanto dico vattele a cercare tu
“. Ma che sistema è?
Mi sono seduto su quella sedia da spettatore, per vedere un documentario e
mi aspettavo che il problema mi fosse esposto in modo obiettivo e chiaro.
Non pretendevo tutti i dati esistenti ma almeno la loro sintesi. Penso che
un documentario si faccia cosi. Tu ora dici che non è un documentario ma
un’opera d’arte. Sono d’accordo.

Giorgio

da poggiodeipini.blogspot.com

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