Partito Democratico, il perché della sconfitta

The day After è una espressione (Il giorno dopo) e il titolo di un film degli anni Ottanta che impressionò il pubblico per il realismo col quale è decritto il triste epilogo dell’umanità che, allo scoppio della terza guerra mondiale, raggiunge il suo punto più basso con l’autodistruzione.
Nell’immaginario collettivo Day After è sinonimo di catastrofe, disfatta, autodistruzione.
Credo che non esista termine più appropriato di Day After del Partito Democratico per descrivere la sconfitta del Centro Sinistra in Sardegna. alle recenti Consultazioni Regionali 15 e 16 Febbraio 2009.
Da tempo non erano più un mistero per nessuno le lacerazioni interne al Partito: difficoltà a raggiungere una sintesi o uno straccio di accordo nemmeno sulle questioni più banali. E inevitabilmente la catastrofe annunciata si è materializzata..
Le divisioni decretate dalle Primarie di Partito il 14 Ottobre 2007, pur registrando un successo per la grande partecipazione della base, purtroppo sono sfociate in vere e proprie “guerre, che politici di provata esperienza, come i leader isolani del Pd, non sono riusciti a fermare.
La litigiosità interna al partito, sebbene gestita alla luce del sole e in trasparenza, esplode con la con l’elezione del Segretario Regionale, Francesca Barraciu , che si risolve nel ridicolo ricorso in Tribunale per la sua revoca, e inevitabile comissariamento del Segretario Passoni alla vigilia delle elezioni.
Militanti e simpatizzanti del Partito hanno assistito e continuano ad assistere al protagonismo di tanti politici che tutto hanno fatto fuorché quello che la base chiedeva: promuovere soluzioni condivise e le giuste mediazioni per evitare la degenerazione dello scontro politico.
Capoterra è in Sardegna uno dei centri simbolo della disfatta del Centro Sinistra. La coalizione guidata da Ugo Cappellacci ha vinto con un risultato elettorale che sfiora il 67 %, contenuto parzialmente al 51% nelle zone periferiche dove la coalizione di centro sinistra ha mediamente riportato il 50% in più dei voti del centro storico.
In un contesto politico cosi’ complesso e articolato, interpretare il risultato elettorale come semplice giudizio negativo sull’operato dell’Amministrazione Comunale puo’ considerarsi riduttivo.
E’ piu’ realistico prendere atto dell’inesistenza del Partito Democratico nel territorio, dell’assenza di riferimenti, della mancanza di un gruppo dirigente che coordinasse e si confrontasse con gli altri partiti della coalizione.
Altra argomentazione sostenibile è la difficoltà a generare consenso politico incontrata da alcuni candidati del centro sinistra non radicati nel centro storico di Capoterra (se si escludono alcune eccezioni, come il candidato locale PD Marco Espa risultato il piu’ votato a Capoterra e nella Provincia di Cagliari ).
Il risultato elettorale ha inoltre decretato in modo netto la sfiducia della maggioranza dei sardi verso il Presidente Soru. E’ un dato inconfutabile, che merita rispetto, ma letto con attenzione fa riflettere su cio’ che per la coalizione poteva essere il suo valore aggiunto.
Non ho fatto mistero del mio sostegno a Renato Soru e alle novità introdotte nel suo programma. Un vero e proprio ‘vento di cambiamento’, con cui si cercava di scardinare le vecchie logiche che hanno spesso lasciato l’isola nell’immobilismo. E’ fuori discussione che la sua Presidenza abbia significato una discontinuità, un cambiamento nella storia autonomista della Sardegna.
Il suo modo di governare è stato contrassegnato da scelte coraggiose, ma impopolari, che hanno attirato ondate di antipatie e dissensi.
Purtroppo, non ha generato consenso la cosiddetta ‘legge salva coste’ che ha imposto precisi vincoli allo scriteriato sviluppo edilizio sulle coste dell’Isola; legge ferocemente criticata delle lobbies dell’edilizia e dai principali media regionali , ma presa come modello da alcuni Stati del Mediterraneo (Spagna e Croazia) che puntano sul turismo come veicolo di sviluppo economico.
Non ha generato consenso la tutela della bellezza paesaggistica e dell’equilibrio ambientale, il dichiarare guerra alla Tirrenia e la riforma della formazione che tutti sapevano gestita spesso in maniera clientelare
La stessa tassa sul lusso, un’imposta applicata alle seconde case di non residenti, alle imbarcazioni con lunghezza superiore ai 14 metri, agli aeromobili privati e alle plusvalenze degli immobili, ritenuta incostituzionale, voleva essere un contributo ambientale da versare per mantenere la Sardegna come noi l’abbiamo conosciuta, consapevoli, che la nostra terra non sia un’ eredità dei nostri padri, ma un prestito dei nostri figli’. La tassa sul lusso è stata una delle delibere della Giunta che hanno destato maggior scalpore e i più infuocati dibattiti politici.
Non ha generato consenso rispettare gli accordi di programma che prevedevano la dismissione delle basi militari come La Maddalena. Soru è stato il primo Presidente a sollevare il problema del grosso peso che hanno le servitu’ militari in Sardegna, dove ben 38 mila ettari di territorio (60 per cento sul totale nazionale) erano occupati da insediamenti militari. Per mesi ha sollecitato il governo a interventi di riequilibrio, fino a riuscire ad ottenere l’abbandono dei militari USA dalla base di Santo Stefano nell’arcipelago de La Maddalena (futura sede del G8 ), dove erano presenti anche vari sommergibili nucleari.
E discorrendo si potrebbe parlare degli interessi miliardari della sanità privata in mano alle famiglie potenti che la governano.
Testardo, introverso, orgoglioso, poco accomodante e con difficoltà di mediazione, Soru è l’unico politico di cui G. Antonio Stella e Sergio Rizzo, nel best-seller ‘La Casta’ , parlano in termini positivi elogiandone l’integrità morale e il rispetto delle istituzioni.
Alla base della sua debaclé elettorale e della rottura con autorevoli esponenti della coalizione di centro sinistra ci sono queste sue caratteristiche caratteriali. Ma se si può criticare l’uomo Renato Soru, non fa una piega il suo Progetto, l’idea di Sardegna e di Sardità, una Sardegna autorevole e autonoma, una regione d’Europa più moderna e di maggiore giustizia sociale.
Solo nell’ultimo mese, con grande difficoltà, siamo riusciti a spiegare ai sardi le cose fatte in cinque anni di governo.
In questo momento di grande difficoltà del Partito Democratico l’impegno di ogni militante e simpatizzante è quello di contribuire alla nascita del grande partito della Sinistra, moderno e riformista, nel quale abbiamo creduto, escludendo in modo categorico nostalgici progetti di poli di centro.
Non esiste alternativa al bipolarismo, il vero problema è quello di ritrovare l’umiltà, il radicarsi tra la gente e il riappropriarsi delle cose concrete della cultura di sinistra, l’uscire dai salotti della politica e porsi al servizio della gente, rinnovando il partito e liberandolo dai tanti generali senza esercito che lo opprimono.

Giacomo Mallus
Consigliere Comunale PD

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