Si può vivere col mare in casa?

Tutto ebbe inizio circa una quarantina di anni fa quando notevoli fenomeni di erosione nella spiaggia capoterrese si andarono verificando a causa dei lavori di costruzione del porto canale di Cagliari e del pontile dello stabilimento petrolchimico della SARAS. Questi lavori che prevedevano grosse opere di scavo, dicono gli esperti, determinarono di riflesso un sensibile processo di erosione lungo le coste adiacenti a causa del modificarsi delle correnti marine e del relativo moto ondoso. Bisogna evidenziare,però, che la destabilizzazione dell’ambiente costiero non è dovuto solo alla erosione marina, ma anche ad altri fattori quali l’ intensa antropizzazione della zona. Sono di questo periodo, infatti , la nascita delle residenze ubicate lungo la costa che vanno da La Maddalena a Torre degli Ulivi passando per le lottizzazioni di Picciau e di Frutti d’Oro. Ricordiamoci che questi insediamenti abitativi sono sorti, oltre che per il basso costo dei terreni , anche per la presenza della spiaggia e per la vicinanza a Cagliari, per molti centro delle proprie attività. In 40 anni è stato costruito un complesso abitativo di circa 5000 persone su una popolazione complessiva dell’intera Capoterra di circa 24.000 residenti.
Da qui è nata la necessità di porre riparo al continuo avanzamento del mare che, in certe sue parti, andava a lambire le prime case. Necessità che ha trovato ascolto solo alla fine degli anni novanta. Ma non andiamo a indagare nel passato. Un fatto è certo: sino ad oggi non si è fatto nulla di concreto. Con estremo rammarico riprendo questa annosa questione che peraltro mi ha visto impegnato negli anni passati anche come amministratore comunale. Questo mio articolo vuole ricapitolare le varie fasi di questo lunghissimo percorso che a tutt’oggi purtroppo non si è ancora concluso positivamente. Premesso che è pura malignità attribuire interamente al Comune la responsabilità di questo disastro ecologico, mi unisco a quelli che hanno evidenziato qualche colpevolezza nei politici di turno che con le loro dichiarazioni pubbliche più che a dare certezze hanno effettuato semplici manovre per smorzare i toni di una sacrosanta e crescente protesta popolare. Ritengo invece che molta responsabilità sui ritardi accumulati nel tempo siano da imputare ad inconvenienti e ad incongruenze che possiamo definire di carattere burocratico – giuridico – ambientale.
E’ pur vero comunque che l’ampio ritardo accumulato nell’esecuzione degli interventi migliorativi sta creando conseguenze a dir poco allarmanti per la difesa degli insediamenti urbani e per l’impoverimento del patrimonio pubblico. Per la mia analisi parto da un articolo pubblicato da L’Unione Sarda nel marzo del 2005 dove veniva evidenziato che finalmente il Comune di Capoterra stava per dare avvio ai lavori di protezione della costa. Nel corpo dell’ articolo si citava anche la società aggiudicatrice del progetto, la Acquatechno, che con la messa in opera di idonee barriere avrebbe posto fine alla continua erosione che interessava l’intera costa. Infatti, una fascia di sedici pennelli non sommersi , ben orientati e a forma di pettine, avrebbe provveduto non solo a difendere la costa dall’avanzamento del mare, ma anzi avrebbe contribuito anche a ricreare le condizioni iniziali della spiaggia. Una notizia, tenuto conto della disponibilità finanziaria da parte del Comune (1.500.000 €), che avrebbe messo la parola fine a questo incontenibile fenomeno. Purtroppo, anche questa volta, il progetto non trovò la sua realizzazione. Nel 2006 infatti la proposta venne fermata dalla Regione Sarda per la necessità valutazioni di carattere naturalistico e di impatto ambientale. Il nuovo progetto di “riqualificazione”, nato nel 2007, venne presentato pomposamente al pubblico in una assemblea tenuta nell’aula del Consiglio Comunale dagli amministratori di Capoterra e dai progettisti Enrico e Nicola Montaldo .
Tale progetto prevedeva la creazione di 12 pennelli emergenti da realizzare in 5 mesi “ disposti obliquamente rispetto alla linea di costa ed ortogonali rispetto al moto ondoso” e prevedeva, in una seconda fase, il ripascimento dell’arenile col conseguente allungamento di 80 metri della spiaggia verso il mare. Alla notizia ci fu una nuova ondata di ottimismo, anche se con qualche perplessità in più, da parte dei residenti “a mare” che vedevano finalmente avverarsi le loro speranze. Però un nuovo articolo apparso nel dicembre 2008 su L’Unione Sarda precisava che i pannelli sarebbero stati solo 5 e che questi non sarebbero più emergenti ma sommersi 50 centimetri dalla superficie..
Questo era stato stabilito nell’ultima Conferenza di Servizi.
Nella circostanza era stato espresso parere favorevole alla variante fermo restando il ripascimento della spiaggia in dubbio dopo l’insuccesso del Poetto di Cagliari.
Ripascimento da fare comunque con sabbia di cava. Ma non è finito. Per l’avvio del nuovo progetto serve comunque una nuova delibera della Regione Sarda che autorizzi questa proposta. Solo allora si potrà dare avvio all’appalto ed alla successiva realizzazione dei lavori. A questo punto siamo fermi ancora una volta…
Sorge spontanea una domanda : quanto tempo ancora si dovrà aspettare per veder realizzare un opera capace (?) di difendere questi centri abitativi?
Continuando di questo passo penso che tarderemo ancora molto a vederne la realizzazione, sempre che questo progetto, nella sua ultima versione, sia veramente capace di fungere da barriera all’erosione.
A questo punto il Comune deve con veemenza operare ogni pressione per salvaguardare il proprio territorio e per garantire l’incolumità dei propri cittadini.
Basta con le parole. Servono fatti.

Massimiliano Cabras
Italia dei Valori – Capoterra

Immagini collegate: