Il nuovo libro di Emanuele Atzori

Emanuele Atzori è un giornalista pubblicista iscritto all’Albo dei Giornalisti della Sardegna dal 1968. Per circa trentacinque anni è stato corrispondente locale per il quotidiano “L’Unione Sarda”. Si è occupato di alcune pubblicazioni periodiche zonali e ha scritto due libri riguardanti la storia del proprio paese natale. Tra cui “De aundi beneus, aundi andaus”(2004); “Capoterra” (1996); “Paese vicino e lontano” (1985); “Capoterra” (1968). Autore della prima monografia scientifica dedicata alla storia del paese.
Ha insegnato per numerosi anni nella scuola media statale; da poco tempo è in pensione.

CAPOTERRA, 4 febbraio h17.30. Incontriamo Emanuele Atzori nella nostra redazione. Personalità eccentrica, quasi imprevedibile ed eclettica quella del noto scrittore capoterrese Emanuele Atzori. Uomo di grande cultura che spazia dall’archeologia all’etnografia, dall’economia alla sociologia. Uomo e scrittore, che questa volta ha deciso di stupire, di andare oltre le regole e gli schemi di chi sostiene che l’uomo di scienza debba relegarsi esclusivamente a quel ruolo, sprezzando gli altri stili letterari. Una decisione difficile, sconsigliata perché controcorrente. Ma giusta. Nasce così “A Sentir Storie nel Gradino di Zia. Contus de liminargiu”, edito da Terre nuove voci. Spiega l’autore “Una raccolta di racconti che scaturisce dalla rielaborazione di novelle e di fatti realmente accaduti che appartengono alla tradizione popolare e alla storia di una comunità dell’entroterra cagliaritano”. Stavolta nessuna indagine scientifica, nessuna fonte citata e nessun riferimento bibliografico ai temi trattati. Atzori rielabora il materiale ottenuto intervistando gli anziani e consultando gli archivi, aggiunge personaggi ed eventi da lui inventati che non trovano riscontro nell’indagine condotta, per regalare ai lettori una parte di sé ancora poco conosciuta. Stile semplice ma arguto che permette una lettura scorrevole e di grande interesse, tutta d’un fiato. E così sembra di ritornare bambini: quando ci si sedeva nei gradini del loggiato, tutti insieme, ad ascoltare le curiose storie di paese raccontate dalle voci dei “grandi”. I contus de liminargiu. Voci che riportano fatti veritieri e non ma che di generazione in generazione hanno incuriosito, fatto paura, dato scandalo o meravigliato. Hanno insomma fatto parte della storia di tutti noi.
Di seguito le parole dell’autore, secondo quanto tratto dal libro: “Peddi cotta e peddi crua, dognunu a domu sua!” (Pelle conciata e pelle fresca, ognuno torni a casa sua!). Questa frase ancora risuona nella mente di tutti quei bambini e ragazzi sardi che si riunivano la sera sull’uscio di pittoresche casupole in pietra nella magia di fantastiche storie evocate da suggestivi narratori. Vecchine carismatiche e saggi narratori che avevano l’arte di trasformare momenti di vita quotidiana, spesso faticosi e ripetitivi, in percorsi fantastici sui quali far viaggiare l’immaginazione. Storie in cui si intrecciavano fatti magici, religiosi e reali con lo scopo di educare e ammonire i fanciulli al rispetto di certe regole. Per essi, ormai adulti, rimane vivo il ricordo di donne come tzia Luisicca (zia Luigina), ottime narratrici, dal carattere forte e mite allo stesso tempo in cui il timore religioso si fondeva con la superstizione.
Un libro per tutti: per chi non dimentica i sapori ormai perduti di un tempo; per chi ama sognare; per i nostalgici e per chi è stato bambino e sa che continuerà ad esserlo sempre, anche grazie ai ricordi.

Bettina Camedda

LA VOCE DEI COMUNI Edizione Capoterra – Febbraio 2008
Archivio La Voce dei Comuni
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