In riferimento alla diga di Poggio

Cari sig.ri Pala e Mallus,

Non so che lavoro facciate e quali competenze abbiate nel campo delle dighe.
Io faccio la geologa da 22 anni e, come ho già avuto modo di scrivere in altri blog, conosco personalmente il geologo che studiò il sito della diga nel 1960, e predispose la relazione geologica richiesta per la progettazione del laghetto collinare dell’Azienda Donna Maria Saggiante. il Prof. Pecorini. Egli è stato per anni docente di Geologia Applicata all’Università di Cagliari, consulente di tutti i più importanti enti regionali e i Consorzi di Bonifica durante la progettazione e la realizzazione della stragrande maggioranza delle dighe realizzate in Sardegna dal 1960 fino ai giorni nostri, nonché consulente dell’Assessorato Agricoltura negli anni ’60 quando la Regione Sardegna decise di finanziare la realizzazione di una cinquantina di laghi collinari per migliorare le condizioni delle aziende agricole sarde.
Poiché ho lavorato con lui per circa 11 anni, ho potuto chiedergli di venire qui dopo l’alluvione per valutare lo stato del lago e della diga. Il suo responso è stato che la diga era stata realizzata alla perfezione da una ditta molto seria (Nuovo Castoro) che all’epoca realizzò moltissime dighe per laghetti collinari in Sardegna e in continente, soprattutto in Toscana. I materiali sono stati costipati così bene e così fortemente che nonostante l’enorme massa d’acqua il corpo del rilevato non ha subito nessuna lesione, non si sono verificate filtrazioni alla base e sostanzialmente la diga ha resistito all’onda di piena di dimensioni colossali in maniera eccellente.

La settimana scorsa su richiesta delle insegnanti, mi sono recata alla scuola elementare di mio figlio per spiegare ai bambini cosa fosse successo nel nostro bacino idrografico e perché si sono avuti tanti danni a MONTE come a VALLE. Provo a spiegarlo anche ai lettori, basandomi sui dati estratti dal rapporto della Protezione Civile Nazionale (il documento integrale si può trovare nel blog poggiodeipini.blogspot.com).
Il bacino del Rio S. Gerolamo è molto vasto: occupa tra la parte montana e la diga di Poggio dei Pini quasi 12,5 kmq. Come è noto la pioggia che cade in questo bacino normalmente in un anno è pari a 650 millimetri. Il giorno dell’alluvione sono caduti tra le 6,30 e le 10,30 del mattino in tutto 372 mm di pioggia cioè più della metà di quella che cade normalmente in un anno. Tra le 7,00 e le 8,00 del mattino, però, sono caduti 148 mm di pioggia. Si tratta di valori che, per queste durate, sono tra i più alti mai registrati dalla rete pluviometrica regionale, per trovare registrazioni di valori simili, ma inferiori, occorre fare riferimento ai più gravi nubifragi che hanno interessato l’Isola nel 1940 (Talana) e nel 2004 (Villagrande strisaili)
Per sapere quanta acqua è passata nel Rio S. Gerolamo, da monte fino al mare, si può fare una semplice moltiplicazione da terza elementare: dobbiamo moltiplicare la superficie del bacino per i millimetri di pioggia caduti nelle 4 ore in cui ha piovuto, così otteniamo la quantità d’acqua che è passata a valle della diga: 12.500.000 x 0,372 = 4.650.000 mc.
Questa quantità è enorme ed in più l’acqua correva anche molto veloce, per questo è riuscita a trascinare tanta sabbia e tante pietre e massi giganteschi, trasportandoli lungo l’alveo e poi depositandoli dove la corrente era un po’ più lenta, per esempio nella zona dell’Hydrocontrol e nella zona sportiva di Poggio dove sono stati ritrovati, non a caso, i corpi delle due vittime. Se l’acqua contiene al suo interno anche sabbia, massi e fango riesce a fare molti più danni dell’acqua pulita, per questo si sono visti tanti fossi e buchi e scavi lungo le strade e nelle campagne.
La diga di Poggio dei Pini poteva contenere al suo interno soltanto 250.000 mc d’acqua, cioè molto meno dei 4,5 Milioni di mc che sono passati nel fiume. Quando ha iniziato a piovere il lago era semivuoto perché svuotato durante l’estate dagli elicotteri antincendio, quindi è riuscito a contenere circa 250.000 mc d’acqua. Se sottraiamo questa quantità entrata nel lago a quella caduta nel bacino otteniamo: 4.650.000 – 250.000 = 4.400.000 mc.
Questa è la quantità d’acqua che è riuscita a passare dallo sfioratore della diga e poi nel fiume a valle e quindi è arrivata alla foce. Però il fiume a valle della diga, e nella zona della lottizzazione S. Gerolamo in particolare, aveva un alveo troppo stretto per farla passare tutta dentro gli argini, così l’acqua è uscita nelle campagne affianco al fiume e ha allagato tutti i frutteti e anche le case delle lottizzazioni di Rio S. Gerolamo e Frutti d’Oro.
Ora guardate questo semplice schemino tratto da un testo di geomorfologia:

Ora osserviamo questa immagine tratta dal PAI (Piano dell’Assetto idrogeologico) del comune di Capoterra, che tra l’altro è pure sbagliato e sottostima l’area a strisce diagonali rosse del letto di inondazione, come sta venendo fuori dall’esame di dettaglio della zona effettivamente inondata il 22 ottobre.

Secondo voi come mai ci sono stati così tanti danni nelle lottizzazioni S. Gerolamo e Frutti d’Oro? E’ colpa della diga o di qualche altro problema di tipo pianificatorio-urbanistico? Si può permettere di costruire una città dentro il letto naturale di un fiume?
Sapete che esiste una legge del 1974 (L. 64/74) che impone la redazione di una relazione geologica e geotecnica da presentare obbligatoriamente insieme alla richiesta di concessione edilizia e che i comuni della Sardegna, Capoterra compreso, non l’hanno mai richiesta, se non negli ultimi due anni?. Sapete che la stessa legge e le sue norme di attuazione (Min. LL. PP. del 11/03/1988) obbligano a presentare una relazione geotecnica per i piani di lottizzazione che investano vaste aree territoriali su cui debbano essere realizzate importanti opere sul territorio come ad esempio le lottizzazioni convenzionate e le relative opere di urbanizzazione primaria?.
Un’altra legge del 1985 (Legge Galasso) imponeva una distanza minima di 150 m dalle sponde dei corsi d’acqua per la realizzazione di manufatti ed abitazioni. Come mai a Capoterra non l’hanno mai applicata? Sa quanto dista la scuola materna di Rio S. Gerolamo dall’argine del fiume: 10 metri.
Allora è un problema di oche e cigni o questo è solo un modo di sviare l’attenzione dell’opinione pubblica per non far capire qual è il vero argomento del contendere?
Mi dispiace ma la vita di tante persone è stata messa a repentaglio da ben altri fatti e decisioni presi dai noti politici locali, privi di qualsiasi sensibilità ambientale, quando erano (sono) al governo di un territorio che per troppi anni, e per ben note ragioni economico-sociali, è stato violentato in tutti modi per far posto a case e servizi, dove essi non potevano e non dovevano essere realizzati.
Quelle aree dovevano essere lasciate al loro stato naturale: ossia un fiume con nicchie ecologiche per anatre e oche che, guarda caso, all’indomani dell’alluvione stazionavano nel fiume ben in vista proprio sotto la scuola di San Gerolamo.

Dott. Geol. Maria Rita Lai

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